La Villetta By Gibo DISCLAIMER: This is adult material. Please do not read if you are under age 18 or laws in your country forbid you to do so. Il seguente materiale č riservato ai maggiorenni. Non proseguite nella lettura se avete meno di 18 anni o se le leggi del vostro paese non ve lo consentono. Keywords: femdom, tort, death, no gay, no lesbo, no beast, no pedo, no under-age sex. Quando conobbi Paola non avrei mai pensato che potesse essere una lesbica. Il fisico minuto ma grazioso, perfettamente proporzionato, suggeriva un'idea di tenerezza e una gran voglia di coccole. Ci incontrammo per caso in discoteca: mi colpଠsubito quel suo modo particolare di muoversi, sensuale, provocante senza essere mai volgare, quel suo sguardo capace di suscitare infinite emozioni in un uomo, con una sola occhiata. Attaccai discorso con le solite frasi banali; lei invece di scocciarsi, si mise a ridere. Ballammo tutta la sera e devo confessare che l'unico rammarico fu quello di non poterla stringere, perché nessuna delle musiche suonate era adatta a un ballo di coppia. Solo verso la fine, su un pezzo di latino americano, trovai il coraggio di invitarla. La sintonia fra noi fu immediata: mi accorsi di avere tra le mani una ballerina perfetta e questo ultimo ballo mi ripago ampiamente di tutta la serata. Uscendo, prima di salutarla le chiesi se avrei potuto rivederla. "Qui sabato prossimo mi disse " e questa promessa bastą² per farmi eccitare come uno scolaretto. Adesso, dopo una settimana da quel primo incontro, finalmente č sabato sera. Ho pensato molte volte a lei e mi precipito in discoteca arrivando prima dell'orario di apertura. Eccola! La guardo imbambolato: indossa un abito sensualissimo, intero e lungo ma quasi trasparente. Si distinguono benissimo i contorni dei seni, con i piccoli capezzoli che tendono il tessuto; in basso, un profondo spacco laterale, dal quale si intravedono le belle gambe. Mi saluta con un bacio e notando la direzione del mio sguardo, mi dice, sorridendo in modo incantevole. "Cosଠposso muovermi pią¹ liberamente quando balliamo" Sono molto eccitato e provo anche una punta di gelosia quando gli sguardi dei pochi maschi presenti, si girano verso di lei. "Entriamo" le dico e la seguo da vicino con fare protettivo. Mi precede e non posso fare a meno di fissare il suo sedere che mi si muove davanti, sensuale e provocante, ad ogni passo. Balliamo tutta la sera, lei e molto brava e nei rari pezzi di salsa, mi piroetta elegante tra le mani, ma a questo punto la musica mi interessa relativamente: č lei che desidero, č con lei che voglio fare subito l'amore. Con quella sensibilitą che solo le donne hanno, capisce tutto e uscendo mi propone. "Scambiamoci i numeri di telefono, cosଠci possiamo sentire" Accetto con entusiasmo e ci salutiamo con un bacio, ma questa volta anche se breve, lei me lo dą sulla bocca. La sensazione č cosଠforte che mi vengono a tremare le gambe. La guardo fisso mentre si allontana e appena arrivo a casa, sono in un tale stato di agitazione che devo masturbarmi per calmarmi. "Che stupido, potevo proporle subito qualche cosa, domani la sentirą² e la inviterą² fuori." Magia divina, all'indomani mentre sto giusto pensando cosa proporle, sento suonare il telefono: mi precipito a rispondere, č proprio lei! "Senti," mi dice, "stasera sono impegnata, ma domani do una festa in casa mia, vuoi venire ?" "Volentieri, grazie" rispondo con la bocca asciutta dall'emozione e con mano un po' tremante, prendo nota dell'indirizzo e dell'ora. Mi sembra di sognare non vedo l'ora che arrivi domani. Alla sera, non riesco a addormentarmi facilmente, continuo a pensare a lei, poi faccio strani sogni: siamo insieme da qualche parte, io cerco di baciarla ma lei mi provoca e poi fugge, a un certo punto invece, č lei che insegue me, scappo, ma non ce la faccio, mi raggiunge e mi salta addosso. Al mattino mi risveglio sudato. Abita in una bella villetta unifamiliare un po' isolata in un quartiere periferico. "Bene,"almeno non avremo vicini che rompono." Suono il campanello e dopo pochissimo mi viene ad aprire raggiante. Sopra una minigonna inesistente, indossa una maglietta molto corta che le lascia scoperto l'ombelico e buona parte del pancino. "Ben arrivato," mi saluta con un bacio "vieni che ti presento alle mie amiche, sono sicura che ti troveranno simpatico. La serata si prospetta eccezionale! La casa deve essere molto grande, appena entrati mi trovo in un lungo corridoio e lei si dirige svelta, verso una stanza in fondo, dalla quale provengono dei suoni pią¹ simili a quelli di un'accesa discussione che di una festa. Si sentono molte voci di donne. "Ah, non ti formalizzare," mi spiega " c'č una riunione in corso del collettivo donne del quartiere e litigano sempre!" "Non ti preoccupare, io non mi formalizzo mai " rispondo spavaldo e la seguo nella stanza. La discussione si interrompe immediatamente. "Ecco, vi presento il ragazzo di cui vi ho parlato." "Molto piacere," parlo spavaldo a voce alta, ansioso di fare bella figura " molto lieto di conoscervi!" Le ultime parole perą² mi muoiono in gola: la stanza č piena di donne, solo di donne! Tutte mi fissano divertite. L'atmosfera si fatta di ghiaccio e a me viene improvvisamente voglia d'essere da un'altra parte. "Bene," dice una rompendo il silenzio "adesso ci potremo sfogare un po'." Ci vuole qualche istante perché quelle parole facciano presa nel mio cervello; dopo trovo la forza di farfugliare. "Scusate, non volevo disturbare, tornerą² un'altra volta." Esco indietreggiando dalla stanza e mi precipito alla porta d'ingresso; con la coda dell'occhio vedo Paola seguirmi di corsa. Afferro la maniglia e cerco di spalancare la porta che non cede: č stata chiusa a chiave! La sensazione d'inquietudine che mi aveva attanagliato, si trasforma in panico e mi aggrappo alla maniglia cercando di forzarla. Paola nel frattempo mi raggiunge e pią¹ che vedere intuisco il colpo che si abbatte su di me: la sua piccola mano, chiusa a taglio, mi colpisce violenta e precisa al collo. Il dolore improvviso m'annebbia la vista, costringendomi a staccare le mani dalla maniglia e a girarmi verso di lei per fronteggiarla: fulminea, la sua gamba, stendendosi con un angolo impossibile, mi coglie in pieno volto. Di quegli istanti ricordo solo il dolore atroce, ricordo barcollante d'aver cercato disperatamente di sottrarmi a quella piccola furia, ricordo i colpi che mi piovevano addosso da tutte le parti in un mulinare di braccia e gambe, poi il nulla. Dolore, dolore, dolore. Il ritorno alla coscienza č un'agonia prolungata, il risveglio da un incubo dal quale non ci si riesce a sottrarre. Non vedo nulla, provo a muovermi ma non ci riesco. Le braccia mi fanno male, il volto mi fa male, tutto il corpo mi fa male. Sono sicuramente legato, avverto la morsa delle corde che mi bloccano i polsi dietro la schiena. Mi agito con l'unico risultato di sbattere contro uno spigolo duro: l'urto su una parte gią martoriata, mi strappa un grido di dolore. Sento delle voci vicine e una mano afferrarmi per i capelli. Con un violento strattone mi rimettono seduto. Urlo ancora e m'arriva una sberla che mi fa tremare i denti. "Se cerchi ancora di gridare ti imbavaglio e ti do tante di quelle botte da farti pentire!" E' Paola che ha parlato, riconosco la sua voce. La mano m'afferra ancora la testa e questa volta mi strappa la benda che mi impediva di vedere. E proprio Paola, perą² irriconoscibile, completamente diversa dalla dolce creatura che ricordavo. Il suo sguardo beffardo, carico di odio, mi gela il sangue. Ci sono altre due donne con lei che noto appena, tanto sono terrorizzato. "Che cosa ti ho fatto?" mi ritrovo a piagnucolare. "Taci!" e rafforza l'ordine con un altro ceffone che mi fa sanguinare il naso. "Alzati in piedi subito!" Mi sento inerme e ho paura di essere picchiato ancora, cerco di alzarmi ma le gambe non mi reggono e ricado pesantemente. Una delle altre donne s'avvicina ad un rubinetto, riempie di acqua un bicchiere e me la getta in faccia. Mi solleva di peso e mi mette in piedi davanti una porta. Barcollo penosamente, anche se le caviglie non sono legate, ma riesco a stare in equilibrio. Un'altra donna apre la porta, che sembra essere quella di una piccola dispensa. "Entra lą¬." mi ordina di nuovo Paola. Non del tutto lucido, guardo lo stanzino senza capire: immediatamente m'arriva un calcio nel didietro che mi scaraventa nel pertugio, facendomi sbattere la testa contro il muro. Svengo nuovamente. Questa volta quando mi riprendo, mi sento cosi male che non riesco a muovermi. Sono debolissimo, non avvento pią¹ nessuna sensazione alle braccia che sono ancora legate, ho fame, sete, devo urinare. Con uno sforzo immane, mi tiro in piedi e mi accorgo che a parte la camicia che indosso, sotto sono completamente nudo: mentre ero svenuto mi hanno spogliato. Lo stanzino in cui sono rinchiuso č un ambiente assai angusto, illuminato da una luce fioca. La porta sembra molto robusta e visto che da fuori non trapela nessun rumore, č anche sicuramente anche insonorizzata. Con sgomento, noto vedo che in un anglo c'č una latrina. "Santo cielo, quanto tempo hanno intenzione di tenermi qui?" Il panico dovuto alla claustrofobia m'assale improvviso e mi sorprendo ad urlare con tutto il fiato: non succede niente, non arriva nessuno. Mi sforzo di calmarmi, non sto ancora soffocando. Per prima cosa devo urinare e lo faccio nella lurida latrina. Per ore non arriva nessuno, la casa sembra vuota e alla fine vinto dallo sfinimento e dallangoscia, m'abbandono per terra e chiudo gli occhi. Una sberla mi riporta alla realtą : non č Paola, ma una donna alta dalle lunghissime gambe nude. Quasi le sono grato, temevo volessero lasciarmi morire qui dentro. Lei ha in mano un cappio e senza che io possa in alcun modo reagire, me lo stringe al collo e tira la corda. Sono costretto a seguirla: ha un passo ancheggiante e il sedere, con le natiche lasciate scoperte dalla minigonna cortissima, si muove provocante davanti a me. In altre circostanze l'avrei trovata molto attraente, ora mi sento solo morire. La donna mi trascina fuori: abbandoniamo la cucina e attraversiamo il lunghissimo e spoglio corridoio, sino alla stanza pią¹ in fondo. Con un ultimo strattone della corda, varco la soglia, dentro ci sono Paola e una dozzina di altre streghe. Istintivamente arretro, ma vengo subito bloccato dalla fune impietosa che mi strozza. La donna che mi trascina si gira minacciosa; tenendo tesa la corda con entrambe le mani, solleva a 90 gradi una delle bellissime gambe e mi assesta un colpo a martello sulla spalla che mi fa cadere in ginocchio in mezzo alla congrega. Senza perdere tempo, mi monta a cavalcioni, infilandomi i polpacci nervosi tra il corpo e le braccia legate, poi si abbassa anche lei sino a toccare terra con le ginocchia, schiacciandomi sotto il suo peso. In questa umiliante posizione, vedo un'altra alzarsi e prendere da un vassoio di metallo, una grossa siringa piena di liquido giallo. Il panico m'assale di nuovo: cerco di rialzarmi per fuggire ma le gambe che mi circondano il corpo cominciano a stringere. Completamente avvolte dalla cosce della femmina, le mie guance si appiattiscono sotto la pressione e l'improvviso dolore spegne ogni tentativo di ribellione. Rimango immobile a mugolare di dolore, mentre le altre donne ridono della mia impotenza. Sono bloccato in una stretta ferrea, eppure assai sensuale, con un sesso morbido e caldo che mi preme sulla nuca. Quella con la siringa si avvicina minacciosa , con un cinico sorriso sul volto. Godendo del mio terrore, vuota lentamente la siringa dall'aria, tenendola bene in vista. Cerco di gridare, ma al primo fiato, i muscoli che mi imprigionano si contraggono con forza, strozzandomi l'urlo in gola. Paola, con espressione schifata, si fruga in tasca e ne estrae un oggetto dall'aspetto strano e minaccioso. Tremo cosଠvistosamente che quella che mi controlla deve raddoppiare gli sforzi per tenermi fermo; mentre mi stritola nella sua morsa impietosa, con una mano mi tappa il naso. Mi sento soffocare e l'istinto di conservazione, pią¹ forte di tutto, mi costringe ad aprire la bocca per respirare. Rapida Paola mi ficca dentro l'oggetto: un pezzo di gomma lungo e duro, che perą² non mi riempie tutto il cavo orale. Riesco ancora a gridare finché avverto un sibilo e una forza immensa gonfiarmi il palato. Un'enorme palla mi si č materializzata tra i denti, premendo dolorosamente contro le labbra e il palato. Non riesco pią¹ a muovere la lingua, nemmeno per emettere il minimo gemito. "O mamma, adesso mi uccidono!" L'ago si s'avvicina al mio braccio e trapassa la manica piantandosi nella carne. Un intenso bruciore di fuoco liquido mi si riversa nelle vene e i muscoli mi si contraggono in modo spasmodico. L'ago non si rompe solo perché sono immobilizzato cosଠstrettamente, che gli unici movimenti che mi sono permessi nella morsa impietosa delle cosce, sono dei tremiti convulsi che mi percorrono tutto il corpo. Per fortuna dopo un po' il bruciore si attenua. "Forse non era veleno" realizzo con immenso sollievo, mentre la donna con la siringa mi guarda beffarda. Con la siringa piena a metą , afferra l'altro braccio. "Oh no, non ancora" la imploro mentalmente in preda ad una crisi di disperazione, ma non ce niente da fare: di nuovo il bruciore infernale e le convulsioni che questa volta fortunatamente durano un po' meno. La femmina che mi tiene allenta la morsa liberandomi dal gioco: sono talmente provato che le cado sfinito tra i piedi. "Sarą finita adesso" ma non č cosଠperché quattro braccia m'afferrano rudemente e mi sbattono sul letto, dove si siede anche la mia carceriera: le sue gambe nude si riavvolgono intorno al mio povero collo, questa volta dal davanti. "Adesso mi strozza veramente! " Mi rassegno al peggio. Invece si limita a tenermi immobilizzato con il collo premuto contro la prominenza del pube che mi schiccia la trachea.. Non posso muovere la testa di un millimetro e respiro con grande difficoltą , sentendomi ai limiti dell'asfissia. In queste condizioni, quasi non avverto le punture e la familiare sensazione di bruciore: prima alle gambe, poi nelle natiche, poi nella schiena. Svengo, senza sapere esattamente cosa mi stia succedendo. Quando rinvengo sono ancora nello stanzino. Questa volta almeno non sono legato e non ho pią¹ la palla in bocca, ma ho le braccia insensibili ed un terribile indolenzimento al collo. Non riesco neanche ad alzarmi in piedi; davanti a me per terra c'č una ciotola con un pastone che dall'odore nauseabondo sembra cibo per cani. Vincendo il ribrezzo, m' avvicino e comincio a lappare: non posso fare altro, non sono assolutamente in grado di sollevare le braccia. Dopo vari minuti recupero un po' di forza e sono in grado di trascinarmi sino alla latrina dove c'č un secchio d'acqua. Mentre bevo avidamente un barlume di speranza mi s'accende in mente: "Se mi danno da mangiare, almeno non mi vogliono uccidere". Passano altre interminabili ore finché la porta si apre nuovamente ed entra Paola. "Come avrai constatato č inutile gridare: la casa č isolata e le pareti sono insonorizzate, in pią¹ se ci provi, giuro ti massacro! Seguimi!" mi ordina e si gira. Il movimento le solleva la microgonna: sotto č completamente nuda e anche se perfida, č indubbiamente una gran bella ragazza. Mi trascino in piedi e m'accorgo d'essere totalmente nudo. Mi sento stranamente imbarazzato, Paola si volta e mi dice gelida. "Muoviti, non vorrai che ti prenda a ancora a calci, vero?" Arrivati alla nuova destinazione, mi sento mancare: al centro della stanza troneggia un pesante marchingegno di legno di cui non capisco la funzione, ma sono certo che per me vorrą dire solo dolore. "Stenditi lą¬." mi ordina. Ormai sono rassegnato e ubbidisco. Prontamente mi fissa mani e piedi, con pesanti strisce di velcro, a una specie di telaio orizzontale. Il suo grazioso piedino, che ho tanto imparato a temere, pompa con energia su un pedale finché la struttura si solleva e ruota in posizione verticale. Mi sento come un pollo infilato su uno spiedo, con la sola differenza che il pollo ha finito di soffrire. Non mi sono mai sentito cosଠimpotente e in balia di una femmina: ogni parte del mio corpo č completamente esposta e a portata delle sue mani. Mi gira dietro e subito la sento forzarmi l'ano e inserirmi lentamente un oggetto oblungo. Durante l'operazione non riesco a trattenere dei gemiti, prontamente ricompensati da una serie di manrovesci. Con le lacrime agli occhi, vedo che armeggia con delle cinghie che mi fissa davanti sulla pancia. "Lascia che ti spieghi," mi sorride ironica, "noi siamo un gruppo di amiche e odiamo gli uomini, quindi non facciamo sesso con loro, ma ogni tanto ne usiamo uno per divertirci. Allo scopo abbiamo anche fatto qualche pensata carina, come potrai presto constatare!" Scoppia a ridere divertita alla mia espressione sbigottita. "E non ti illudere, nessuno ti verrą a cercare qui!" Con queste parole ancora ridendo, esce dalla stanza. Passano pochi secondi ed entra la donna di prima con la siringa. Vorrei urlare, ma mi trattengo facendomi forza: non risolverei nulla se non farmi battere a sangue. Si avvicina sorniona, con movimenti lenti e sensuali. Devo ammettere che anche lei č indubbiamente assai attraente: vestita con jeans e maglietta aderentissimi, sprigiona una carica erotica che č difficile ignorare. Sotto la maglietta, i seni alti e sodi, visibilmente senza reggiseno, sobbalzano ad ogni passo, con i capezzoli cosଠdritti che sembrano voler forare il tessuto. Inebriandosi del mio terrore, m'appoggia l'ago al braccio. Provo brividi freddi e ormai sono predisposto a sentire il dolore prima ancora che mi abbia punto. Con calma e con una certa grazia, cerca un preciso punto e dopo averlo trovato, infila l'ago. Questa volta il liquido č quasi indolore e avverto appena la piccola fitta della puntura. L'intervento č molto lungo e minuzioso: praticamente mi punge dappertutto, non trascurando alcuna parte del mio corpo, eccetto il pene, poi con un mezzo sorriso se ne vą . Mi sto chiedendo che senso abbia tutto questo, quando arrivano altre due donne mai viste prima, che mi slegano e mi riportano nello stanzino. Lଠtrovo ancora un po' di cibo che ingurgito in un baleno. Le braccia hanno ripreso a muoversi, anche se mi sento ancora molto debole. Avverto impellente lo stimolo d'andare di corpo e con angoscia, m'accorgo d'avere ancora l'oggetto piantato nell'ano. Con le mani cerco di toglierlo, ma č inamovibile, fissato sul davanti con cinghie che non riesco a slacciare. Il dolore al ventre arriva improvviso, non so come fare ma mi accuccio comunque sulla latrina: con stupore scopro che seppure lentamente e con immensa fatica, riesco a defecare: probabilmente l'ingombro non č cosଠgrosso da ostruirmi completamente l'intestino. Nei giorni successivi, la pantomima si ripete puntuale: vengo legato al trespolo, arriva la donna, mi fa le iniezioni e se ne vą . Comincio a riacquistare un minimo di forza e con essa la speranza. Finalmente riesco a sollevare e usare le braccia, anche se mi sento sempre pią¹ debole. Riesco anche a lavarmi con l'acqua del secchio e perfino a farmi la barba con un rasoio elettrico che mi hanno messo a disposizione. Mi domando perą² per quale ragione e per quanto tempo abbiano ancora intenzione di tenermi qui. Immerso in queste riflessioni non sento la porta aprirsi. Sobbalzo nel trovarmi di fronte ad una ragazza giovanissima, molto carina anche se pią¹ bassa di me: ho imparato a mie spese a diffidare delle donne piccole. "Vieni" mi dice semplicemente e mi prende tirandomi per la mano. Sorpreso, la seguo e mentre percorriamo il corridoio, mi rendo conto che la casa č stranamente deserta: da nessuna parte arriva il minimo rumore. " Ecco la mia occasione!" il pensiero mi balena in mente improvviso come una fucilata. Le do uno spintone pensando di sbilanciarla e correre verso la porta. Ma incredibilmente la ragazza non va a terra, anzi senza mollare il braccio mi trascina verso di lei. Cerco di svincolarmi ma non ci riesco. " E' impossibile," dico tra me " non puą² essere cosଠforte!" Invece č vero: la sua manina mi stringe in una morsa dalla quale non riesco a liberarmi, facendomi male alle dita. Oppongo resistenza con tutte le mie energie, ma č inutile, č lei la pią¹ forte. "Bene, allora proviamo con le cattive" mi decido e a malincuore preparandomi a darle un pugno per tramortirla. Proprio nel momento in cui si gira, il colpo la colpisce in pieno petto. Strabuzzo gli occhi incredulo: si č messa a ridere! Con sguardo diventato cattivo, mi salta addosso avvolgendomi con le sue gambe e inizia a stringere. Una fitta lancinante, mi parte dalle reni e mi percorre tutto il corpo, facendomi urlare dal male. Con il suo peso addosso cado per terra, ma lei non mi lascia, anzi rafforza la stretta. Mugolando per l'intensa sofferenza, cerco di allentare la morsa esercitata delle cosce sottili sui miei fianchi, ma non riesco a smuoverle di un millimetro. Mi sento stritolare, inizio a sudare e un velo rosso mi cala sugli occhi. Disperato le rivolgo uno sguardo implorante, ma lei spietata non demorde. Proprio quando sto per svenire, dopo un'ultima strizzata, mi molla e si rialza mentre io rimango prostrato per terra, piegato in due per il dolore. "Cosଠimpari" esclame e mettendosi dietro di me, mi afferra e mi solleva di peso. M'infila le braccia sotto le ascelle, incrociandole e richiudendo le mani dietro la mia nuca. Sono dolorosamente immobilizzato in una presa da lotta libera, costretto a rimanere in un'umilante posione chinata mentre lei mi prende a ginocchiate nel didietro per farmi muovere. Continua a calciare per tutto il tragitto sino alla sala delle torture: le sue ginocchia sono dure come il ferro e il mio sedere in fiamme. Arrivati lą , mi sbatte sul telaio e mi lega con una facilitą irrisoria. "Adesso me la paghi !". La guardo esterrefatto, mentre si toglie prima la camicetta, poi le mutandine. Avrą sଠe no 18 anni, ma il suo sguardo fa paura tanto č carico di odio e di libidine. Per ultima, si slaccia la gonna che cade per terra, esponendo il sesso nudo. Monta cavalcioni dell'asse a cui sono legato, girandomi le spalle e si china in avanti sino a sfiorarmi il pene con la bocca. Anche in questa terribile situazione, il suo alito caldo stimola il glande che si risveglia alla vita. Cerco di resisterle, ma lei inizia a succhiarlo in una lenta masturbazione. Cerca disperatamente di pensare ad altro, a mia moglie che sicuramente mi starą cercando, alla tragica situazione in cui mi trovo, al mio incerto destino nelle mani di queste arpie. L'oscena ninfetta sa il fatto suo, la sua tecnica č irresistibile: avverto appena le sue mani, leggere perą² insistenti, che mi sfiorano da tutte le parti. Il pene comincia a irrigidirsi, lei lo circonda con le dita, stringendolo alla base come un calice prezioso, mentre la sua lingua si protende cercando il meato. Mi apre delicata e sento la sua lingua leccarmi, come fossi un gelato. In un tempo talmente breve che quasi non me ne rendo conto, mi porta all'orgasmo e la mia erezione viene subito aspirata e spremuta all'interno dalla sua bocca. Nei movimenti si protende graziosamente all'indietro, sollevando il bacino e avvicinandomelo al volto. Il sesso ancora da adolescente con il solco che lo separa dall'ano, si staglia irresistibile ad una spanna dal mio naso. Le sensazioni che provo sono indescrivibili: sotto gli stimoli visivi e incessanti risucchi incessanti della sua bocca, il mio pene s'irrigidisce di nuovo in una dolorosa erezione. Godo ancora e ancora mentre lei mi sfinisce, spostando sempre pią¹ indietro il bacino sino a quando il sesso bollente mi tocca le labbra. Nonostante la giovanissima etą , le grandi labbra vaginali sono piene e carnose, cosଠsviluppate da essere perfettamente capaci di soffocare un maschietto nel loro abbraccio. Si aprono come un osceno immenso fiore, avviluppandomi completamente naso e bocca. Qualcosa di liquido mi cola addosso. Serro le mascelle, ma il fluido mi penetra viscoso nelle narici tappandomele completamente. Sono costretto ad aprire al massimo la bocca per poter respirare, ma anche cosଠm'accorgo con orrore che non ci riesco: la sua vagina non lascia passare un filo d'aria. Mi dibatto disperato, ma sono legato troppo bene e ho addosso tutto il suo peso. Godendo della mia agonia, si appiccica ancora di pią¹ il sesso contro il volto, continuando a trasudare fluidi che mi gocciolano nella bocca spalancata. Come negli impiccati, il senso di soffocamento produce un ulteriore irrigidimento del pene, ora sଠveramente doloroso. Sto per godere ma nel contempo, per morire. Un attimo prima dell'acme, la sua bocca da fornace ardente, si trasforma in ghigliottina tagliente: i denti si stringono selvaggiamente intorno al mio povero membro, come se volessero staccarlo. Un punto di dolore rosso che mi si espande dall'inguine come un vulcano, mi percorre tutto il corpo: urlo senza ritegno, incurante di ogni altra cosa e proprio nel momento in cui le mie labbra sono pią¹ dilatate, un getto caldo d'urina mi entra a forza in gola inondandomi stomaco e polmoni. Inizio a tossire violentemente e seguono terribili conati di vomito, che la vagina, incollata alla bocca, mi impedisce di espellere. Lei senza pietą , completa la minzione finché non si č svuotata completamente. Devo essere svenuto, perché quando torno in me, mi trovo ancora legato al telaio, faccia in gią¹ con qualcuno che mi batte vigorosamente sulla schiena. E' la donna con la siringa, che cerca di farmi sputare gli ultimi rimasugli del liquame che ho trangugiato. "Sei stato fortunato che sia intervenuta in tempo," dice rivolgendomi la parola per la prima volta "ancora un po' e quella ti uccideva. Purtroppo penso che per qualche tempo ti sarą molto doloroso urinare" aggiunge ironica. Mi rigira sottosopra e mi guarda quasi con simpatia, perą² in mano brandisce ancora la siringa. Mentre mi pulisce sommariamente con un lurido straccio, si degna di spiegarmi. "Vedi, questo č un preparato, che abbiamo sviluppato dopo molti tentativi. E' innocuo per la fisiologia dell'organismo, ma iniettato direttamente nei muscoli, provoca un graduale indebolimento dei tessuti lasciando intatta l'apparenza esteriore. Il processo č irreversibile e tu adesso sei debole come un gattino. Come hai visto anche una ragazzina č stata capace di sopraffarti. A adesso perą² basta parlare, eh, cerchiamo di lavorare: vediamo se c č ancora qualche muscoletto residuo ... " Con un mezzo sorriso inizia a tastarmi come se fossi un neonato: avverto le sue mani calde frugarmi ovunque, le dita infilarsi in ogni mio pertugio, perfino in bocca. "Ah, ma qui c'e qualcosa ... " La mano č ferma sulla mia spalla, con un dito incuneato tra le articolazioni della scapola. "Ahi " sobbalzo per il dolore acuto. "Ah scusa, ti ho toccato un nervo? Eh są¬, i tuoi tessuti muscolari sono adesso cosଠindeboliti che mi č difficile regolare la forza. Se volessi, potrei farti molto male con le mie mani, sai? Ecco qua, c'č ancora un po' di tessuto duro, perą² ti devo slegare perché da qui non arrivo con l'ago." Detto fatto, mi scioglie le braccia dal velcro. Con una sola mano mi tiene entrambi i polsi, sollevandomi le braccia sopra la testa, mentre fruga con l'ago per trovare il punto preciso. "Ecco fatto, anche questo č andato, adesso andiamo a lavarci bene, eh!" Se avevo qualche dubbio sulla veridicitą delle sue parole, ora non ne ho pią¹: mi sta manovrando senza la minima fatica, neanche fossi un neonato! I miei occhi si riempiono di lacrime, questa volta non di dolore, ma di umiliazione e di vergogna. "Ma cosa fai? Piangi?" Mi dileggia, guardandomi con simpatia, ma tenendomi sempre prigioniero, Inaspettatamente avvicina il suo viso al mio, protendendo la lingua. "Scusa sai, ma mi piacciono le lacrime, sono cosଠsalate e incredibilmente erotiche ... " La lingua calda e sensuale raggiunge uno dei miei occhi e inizia a leccare: una delicata sensazione di solletico, all'inizio piacevole che diventa sgradevole man mano che il canale lacrimale si asciuga. Non sazia, la punta guizzante, inizia a percorrere sapiente le orbite degli occhi, diventando lei stessa fonte d'irritazione. Con gli occhi che mi bruciano e lacrimano sempre di pią¹, mi dibatto cercando di liberarmi dalla presa. Mi sorride dolce ma stringe un filo di pią¹ e io mi accheto subito per il dolore insopportabile ai polsi. Il tormento continua per lunghi minuti, nonostante i miei gemiti, finché non sono in grado di produrre pią¹ nemmeno una lacrima. Appena m'illudo abbia finito, le belle labbra s'incollano a ventosa ad uno degli occhi e lo risucchiano con forza. La lancinante stilettata mi strappa un urlo di sofferenza che si spegne soffocato dal palmo della sua mano libera, che mi tappa la bocca. Altro occhio, altro risucchio, altro urlo straziante. Finalmente soddisfatta mi lascia le mani e mi slega anche i piedi. Non riesco a mettermi in piedi né a tenere gli occhi aperti. "Adesso andiamo a lavarci, eh? Hai l'alito che puzza come una fogna!" Barcollante come un povero cieco, mi deve guidare in bagno. Mi spoglia, mi mette una mano sulla nuca e mi costringe sotto il getto gelido della doccia. Cerco tento istintivamente di tirarmi indietro, ma lei mi tiene inchiodato lą¬. Rabbrividisco, ma almeno l'acqua fredda mi da un po' di sollievo. Dopo lunghi minuti chiude il getto e mi confina in un angolo del locale, manovrandomi come se fossi una marionetta. "Stai lଠbuono e non andare da nessuna parte" mi intima. "Come potrei, non sono neanche in grado di camminare!" Cerco d'aprire un po' gli occhi: tra un velo offuscato capisco che sono, per la prima volta, nel bagno padronale e noto il grande specchio sulla parete. M'avvicino e inorridisco: sembro un mostro con gli occhi completamente rossi. La donna che ha appena finito di farsi la doccia, cammina verso di me, completamente nuda, con i seni suntuosi che ballonzolano ad ogni passo. "Sai, mi sono tanto divertita, dovremmo farlo pią¹ spesso." Non ho neanche la forza di risponderle. "Adesso dobbiamo andare perché ti devo preparare." "Santo cielo per che cosa ancora?" Gentilmente ma fermamente, mi conduce nel soggiorno deserto. "Siediti per terra su quel cuscino alto e stendi le gambe, che ti devo legare." Non posso neanche pensare di ribellarmi. Preleva da un cassetto una serie di cinghie e comincia a immobilizzarmi, tirandomi in avanti le mani e legandole alle caviglie. Devo ammetter che la visione dello splendido corpo nudo che mi si affanna intorno č estremamente erotica. Ogni suo movimento trabocca di sensualitą , il sesso pieno e maturo, il sedere sodo completamente esposto sono tra le cose pią¹ belle mai viste in vita mia. Purtroppo posso godere poco di tale visione, perché dopo avermi strettamente imbavagliato, mi mette in testa un cappuccio, calandomi nell'oscuritą . "Beh, almeno posso riposare gli occhi." Dopo poco la stanza si riempie di voci, le donne sono tornate. "Cosa mi faranno adesso?" Una mano mi toglie il cappuccio, la stanza č gremita come al solito, di femmine. Ora posso osservarle bene: alcune sono molto carine, altre sono muscolose come muratori. Altri passi nel corridoio, sta arrivando l'ultima ospite. Appena entra, rimango di sasso, a differenza delle altre č completamente nuda e ci metto un po' a riconoscerla: č Paola! Viene verso di me e mi si accovaccia dietro. " Bene adesso che ci siamo tutte, possiamo iniziare." Parla una che sembra la leader del gruppo. "Ci siamo riunite per giudicare quest'uomo: Valeria ha detto che ha tentato d'aggredirla." Valeria si alza e conferma: č la ragazzina che mi ha fatto patire le pene dell'inferno! Anche Paola si alza e mi si pare nuda davanti. Da seduto i miei occhi sono all'altezza del suo splendido sesso; con nonchalance, rivela un oggetto che teneva nascosto dietro la schiena. Lo guardo e non capisco assolutamente cosa sia, sembra una bacchettina nera sottile, corredata da cinghie e collegata ad una bomboletta. Lentamente, in modo ostentato e provocante, calza il tutto come fosse una specie di mutandina. La vedo stringere i lacci per farli aderire perfettamente alle cosce e una volta fissati, la bacchettina le spunta dritta dall'inguine, mentre la bomboletta le penzola tra le gambe, sotto il pube. Di nuovo torna dietro di me: per un attimo ho la visione del suo sedere meraviglioso con i glutei che si contraggono ad ogni movimento. Poi le sue mani si appoggiano con forza alla mia schiena, piegandomi in avanti. Nello stesso tempo avverto una nuova intrusione nell'ano, pią¹ fastidiosa che dolorosa. "Si dia inizio al processo" continua la leader. "Sono andato a prenderlo e ha tentato di scappare" inizia Valeria. Appena spento l'eco di queste parole, sento un sibilo leggero e di colpo la sensazione di fastidio che provo si trasforma in dolore vivo. Come se mi leggesse nel pensiero, Paola m'accosta la bocca all'orecchio e mi spiega. "Ti ricordi quella palla con cui ti ho imbavagliato appena sei arrivato? E' fatta di una gomma speciale resistentissima che perą² puą² dilatarsi enormemente senza rompersi: č una delle nostre piccole invenzioni! Bene, ne hai un'altra infilata nel sedere che adesso č collegata al tubetto alla bomboletta d'aria compressa che mi hai visto indossare. Mi basta immettere un po' di pressione per gonfiartiun palloncino! Il meccanismo di regolazione č inserito nella mia vagina, pią¹ la contraggo pią¹ aumento la pressione e il volume della palla. Noi lo chiamiamo la soggiogatrice perché con questa, anche un'adolescente appena sviluppata puą² far piangere e urlare l'uomo pią¹ robusto! " A tali atroci parole un gelido panico m'attanaglia le viscere: incurante di qualunque conseguenza, cerco di alzarmi e fuggire. Naturalmente non ci riesco e Paola, con fare canzonatorio, mi abbraccia da dietro. Sento i suoi capezzoli duri appoggiarsi sensuali alla mia schiena, mentre le gambe nude si allungano ai lati dei miei fianchi, sovrapponendosi alle mie. Le sue braccia mi penzolano oziose sul petto con le sue mani che giocano con i peli del mio petto. "Poi visto che lo tiravo, per liberarsi mi ha dato uno spintone." continua Valeria inesorabile. Una serie di brusii e commenti increduli riempie la stanza. "Silenzio!" grida la voce autoritaria. Nella quiete che segue risuona ancora il sibilo, questa volta pią¹ prolungato. In direzione degli sguardi ghignanti delle donne, si presenta una scena incredibile: un uomo adulto con il viso contorto in un'espressione di dolore, con le braccia irrigidite lungo i fianchi e una piccola ragazza incollata dietro a lui con la testa appoggiata mollemente sulle sue spalle. "Pietą , mugolo attraverso il bavaglio, pietą ." "Eh?" fa Paola " Non ti capisco, parla pią¹ forte!" Si scuote i bei capelli e inizia a mordicchiarmi un orecchio. " Non volevi fare l'amore? Eccoti accontentato! Adesso lo stiamo facendo!" "Poi cosa č successo?" continua la giudice. "Mi ha dato un pugno sul petto." "Cosa? Inconcepibile!" "Quale la sentenza?" "A morte!" gridano in coro tutte le donne. "Sia eseguita!" In un battibaleno tutte si alzano se ne vanno. "Ecco, vedi tesoro, adesso siamo soli," mormora Paola sorniona " non sei contento?" Mi toglie il bavaglio e pure con il dolore atroce che provo al basso ventre, trovo la forza di supplicarla: "Ti prego, no, non voglio morire!" "Beh io non vorrei, perą² hai sentito le mie amiche, ti devo sopprimere. Come preferisci, lento e sensuale o di botto?" Con un fil di voce riesco ancora a risponderle. "Se devi farlo, fallo subito." "Va bene, allora lento e sensuale!" "Maledetta puttana!" grugnisco tra le lacrime. Ridendo, piega entrambe le gambe verso l'interno imprigionandomi il pene tra i piedini delicati e inizia una lenta masturbazione. "Maledetta , dannata strega!" " Si, sono una strega, ma tu non puoi fare a meno di eccitarti!" Purtroppo č vero: per la fisiologia della natura, nonostante la mente ottenebrata dalla sofferenza e il pene dolorante per le esperienze precedenti, l'insistente sensuale massaggio sta producendo il suo effetto. Entrambi i piedi della ragazza, disposti a piramide, m'imprigionano il glande tra le dita e lo premono in modo irresistibile. Nel frattempo la sua linguetta mi s' insinua lasciva in un orecchio iniziando a frugare. I miei gemiti di dolore si alternano adesso a sospiri di piacere sempre pią¹ frequenti, finché vengo copioso, tendendo il corpo come un arco di violino. Cessato l'orgasmo, con disperato orrore sento di nuovo il terribile sibilo e il male, anche se umanamente impossibile, diventa pią¹ intenso. Ma il sibilo smette subito, la perfida si č limitata a dare una leggera strizzata. " Amore," mi sussurra soave " abbiamo ancora tante cose da fare insieme!" Affonda di colpo i dentini nell'orecchio che sta leccando. Un urlo lacerante mi esce dalla bocca, immediatamente soffocato dalla sua mano che mi imbavaglia, mentre l'altro braccio mi stringe alla gola. "Zitto! Non vorrei che ti sentissero i vicini!" Per i successivi minuti, tutte le parti del mio corpo a portata della sua bocca vengono tormentate: l'altro orecchio, la nuca e la schiena, che morde sino a far uscire il sangue. Poi attacca le labbra voraci alla mia guancia sinistra. Non riesco a sottrarmi, perché mi costringe a stare con la faccia girata verso di lei. Come nei peggiori film di vampiri, la sua bocca s'appoggiarsi e iniziare a succhiare. Avverto un bruciore che diventa sempre pią¹ intenso man mano che lei aspira. Ho l'impressione che mi stia scarnificando la faccia e forse č proprio cosą¬, perché quando si stacca, vedo le sue labbra grondanti di sangue: i miei tessuti indeboliti devono aver ceduto alla sua voracitą . Evidentemente se n'č ben accorta, perché ritorna all'attacco nello stesso punto. Piango e singhiozzo disperato, ma questo non la ferma, anzi la lingua raspa furiosa finché riesce a penetrare all'interno: un orrido bacio dato alla rovescia. Adesso la sua lingua mi fruga libera tutto il lato sinistro della bocca, riesce perfino ad insinuarsi in gola facendomi deglutire penosamente. Esaurita la prima frenesia, le viene un'idea tremenda. La mano destra, che č quella che mi blocca il volto, scivola sino a coprirmi la bocca e il naso: inerme, non riesco a oppormi e mi sento soffocare. Sorridendomi dolcemente, con le belle labbra atteggiate in una caricatura di bacio, si riappiccica alla cavitą della guancia e inizia ad aspirare l'aria. Probabilmente anche i miei polmoni si sono indeboliti: non ho la forza di contrastarla, mentre lentamente, con metodo, mi risucchia tutta l'aria dai polmoni che si contraggono inutilmente. Mi sento svenire. "Adesso mi uccide, mi sta dando il bacio della morte." Con un ultimo convulso brivido, cesso di lottare e m'abbandono a lei completamente. Riapro gli occhi e aimč sono ancora vivo: ora č lei che sta pompando aria nei miei polmoni. Mi obbliga a respirare dai suoi, riportandomi in vita in un oceano di sofferenza. Quando si rende conto dai miei lamenti che mi sono ripreso, si stacca e mi sorride. "Bentornato, " mormora " su, hai dormito abbastanza. E' ora di provare qualcosa di nuovo. Vediamo se sei proprio debole come sostiene la dottoressa!" Avverto prima il ventre, poi i suoi seni scollarsi dalla mia schiena con una sorta di risucchio sudato. Tenendomi il bacino sempre ben aderente al sedere, si erge dritta col busto iniziando a tastarmi con le mani il corpo. Parte dalle braccia e risale lentamente verso le spalle. Come faceva la dottoressa, ogni tanto si ferma e preme cercando d'inserire le dita affusolate in qualche interstizio. Il suo tocco pare delicato, ma causa terribile sofferenza alle mie membra debilitate. Contorcendomi dal male devo patire sin quando le sue mani trovano la zona che cercano alla base delle spalle, vicino al collo e indugiano in un lungo sensuale massaggio. Sono sconcertato ma dopo i primi attimi di smarrimento, mi abbandono a sensazioni che credevo perdute da tempo. Aimč proprio quando mi sto rilassando, lei s'appoggia con tutta la sua forza, facendomi penetrare le dita nella carne. Urlo sconvolto, come m'avessero infilato una spada rovente nella spina dorsale. Inviperita, la sento frugare dietro e trovato il primo straccio disponibile, me lo lega strettissimo a mo' di bavaglio forzandomelo tra i denti. Terminata l'operazione, vala ancora le sue dita spietate su di me accompagnate provocandomi un indicibile dolore che mi fa dimenticare ogni altro tormento. Non posso nemmeno gridare ma solo contorcermi penosamente senza riuscire a far cessare il martirio. Quando smette, sono talmente fradicio che le ultime gocce di sudore del mio povero corpo disidratato hanno formato una piccola pozza sul pavimento. Sono cosଠesausto adesso che voglio farla finita: con l'ultima energia residua cerco di colpirla con la testa protendendomi indietro: vorrei solo provocare la sua reazione, con la speranza che, accecata dalla rabbia, stringa forte con la vagina e m'uccida. Invece sento nuovamente le sue mani sulla schiena che cercano lo stesso punto da tormentare. Sono cosଠterrorizzato che inizio a tremare e a contorcermi al solo contatto, prima ancora che inizi a premere. Al punto culminante del suo terzo intervento, svengo. Stavolta mi deve schiaffeggiare rabbiosamente per farmi rinvenire. Quella creatura celestiale, si č trasformata in una sadica torturatrice. "Sai cosa facciamo adesso," mi dice " proviamo se č vera la legge della fisica che dice che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Intanto che ti gonfio, provo a premerti sulla pancia con tutta la forza delle mie gambe, vediamo cosa succede." "Nuuuumpf, umpf" mugolo tutto il mio dissenso attraverso il bavaglio. "Sapevo che saresti stato d'accordo!" Mi riappiccica il ventre alla schiena per meglio circondarmi con le gambe. Le sovrappone come prima alle mie, ma invece di una sensuale masturbazione, incrocia le caviglie e stringe come un serpente.. Nello stesso tempo da con la vagina alcuni colpetti al dispositivo di controllo. Ormai sto per morire. L'intestino mi scoppia ma il dolore peggiore non č dietro, dove qualcosa ha ceduto, ma ai fianchi, all'altezza delle reni, dove i muscoli delle sue cosce premono con pią¹ forza. Rimango immobile solo perché non ho pią¹ la forza di reagire. La stretta si fa sempre pią¹ violenta finché avverto una fitta liquida nella gabbia toracica, quando la prima costola cede. Paola a questo punto ha tra le sue gambe la mia vita: porta le mani dietro alla schiena, appoggiandosi a terra per poter fare pią¹ forza e tende tutti gli addominali. Dopo un altro secondo crack, il buio mette pietosamente fine alle mie sofferenze. Rinvengo tra ondate infinite di dolore, avvertendo appena il suo corpo che si struscia libidinoso contro il mio. "Quante volte dovrą² ancora svenire prima che venga la volta buona?" Copyright (c) All rights reserved.